Le teorie marginaliste del “più si ha e più si è felici” hanno fatto il loro tempo soprattutto perché non sono più utili dal punto di vista politico. Puntare tutto sull’avidità individuale vuol dire confidare in spinte ormai spossate.
La crescita non ci sarà più come prima, scrive Edmondo Berselli. Non si può più credere che un Paese possa essere solo l’insieme dei suoi individui e che, ognuno per suo conto, faccia aumentare il Pil perseguendo il proprio benessere individuale.
Per lo storico Giuseppe Berta, dietro una crescita economica sembra sempre ci sia un qualche elemento piratesco. Per un lettore di Stevenson, dietro l’edificio capitalistico si può percepire una losca figura di Long John Silver: un corsaro decrepito, “vittima della propria vecchiezza e della propria assenza di morale, tra ciurme di bucanieri loschi, zoppi, mutilati, uncinati, guerci e potenzialmente omicidi”.
Per Edmondo Berselli non si può costruire il futuro se si continuano a fare gli errori del passato che ci hanno portato alla crisi. Di questi errori il piú grave è la crescente ingiustizia nella distribuzione dei redditi.
Spirito caustico, saggista acuto, osservatore partecipe mai distaccato e mai banale, Berselli ci ha lasciato un testo illuminante e chiarificatore per sopravvivere alla crisi. Quasi una visione anticipata della protesta degli indignados e dei dimostranti contro Wall Street.
Certamente una riflessione profonda, senza diversioni e senza illusioni sulle cause e sugli esiti della crisi in cui siamo siamo caduti.
Twitter:@marcoliber
Edmondo Berselli
L’economia giusta
Einaudi
2012